Incidenti sul lavoro e morti bianche. Emergenza nazionale acuita dalla pandemia

di redazione 10/08/2021 ECONOMIA E WELFARE
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Quattro incidenti sul lavoro - due mortali - nella giornata di martedì. Il più recente in ordine di tempo, in Piemonte, è costato la vita  ad un tecnico, morto in seguito a un incidente sul lavoro in un esercizio commerciale. Secondo prime informazioni, l'uomo è morto dopo il trasporto all'ospedale di Asti.

Verso le otto di mattina, a San Paolo d'Argon, in provincia di Bergamo, un operaio di 36 anni, nato in India e dipendente di una ditta di Brembate Sopra, è morto sul colpo cadendo da un'altezza di otto metri. L'infortunio è avvenuto mentre era intento a rimuovere la copertura in amianto di una fonderia, la Tora Casting (nella foto). L'operaio ha messo un piede sopra un lucernario, che ha ceduto, così come la rete di protezione non ha retto. Nessuno ha assistito alla tragedia.

Quando i colleghi dell'operaio si sono accorti del dramma, hanno avvisato il 112, ma i soccorsi sono stati inutili. Due ore di dopo, a Casnigo, sempre in provincia di Bergamo. un camionista di 49 anni è stato investito da una sostanza chimica, il caprolattame, contenuto nell'autocisterna che stava rovesciando, riportando gravi ferite. A Caggiano, nel Salernitano, un agricoltore di 64 anni è in prognosi riservata dopo un incidente con il trattore che guidava. Per cause in corso di accertamento, una gamba dell'uomo è finita incastrata nella trinciatrice del mezzo.

Probabilmente, complice la pandemia, con il fermo delle industrie il fenomeno delle morti bianche lo avevamo come ‘dimenticato’. Quasi che appartenesse a tempi remoti, quando l’Italia era ancora in ‘bianco e nero’. Invece no, purtroppo la possibilità di poter morire sul proprio posto di lavoro, da noi è ancora una drammatica realtà. Del resto, come recita sin dalla prima riga questo interessante report dell’Inal: rispetto allo stesso periodo del 2019, quest’anno gli infortuni mortali sul lavoro, sono cresciuti dell’11,6%.

Dunque, premesso ‘lo stop’ legato alla pandemia, ed il fatto che questa rilevazione dell’Inail si riferisce al primo semestre del 2021, per la precisione fino al 31 maggio, bisogna purtroppo tenere in considerazione il ‘gravissimo aggiornamento’ del numero delle vittime, in virtù delle ultime disgrazie appena ricordate.

Valutando come detto ‘relativamente’ il 2020 a causa delle molte chiusure legate alle pandemia (ma le morti non sono comunque mancate), in questi primi 5 mesi – cioè fino al 31 maggio – l’Inail spiega che in confronto al 2019, aumentano invece i casi mortali: +11,6% (56 decessi in più), in parte anche dipesi dal Covid.

Tuttavia, riferito ai soli ‘infortuni’, a differenza del 2019, questo amo semestre vanta una diminuzione riferita, sia a quelli occorsi sul posto di lavoro (-15,0%), che a quelli in itinere (-32,9%).

È praticamente un bollettino di guerra quotidiano, che non conosce sosta. Nei soli primi 6 mesi del 2021 sono morti 538 lavoratori (dati Inail). Sono passati oltre 13 anni da quando il 15 maggio 2008 è entrato in vigore il Testo unico per la sicurezza sul lavoro, e non è ancora completamente attuato, visto che continuano a mancare alcuni decreti attuativi. Mi domando cosa si aspetti ancora ad emanarli. Il presidente del Consiglio Mario Draghi ha detto: «Tra tutti i problemi, c’è una cosa che sta a cuore a tutti noi e a me in particolare: cercare di fare qualcosa per migliorare la situazione inaccettabile sul piano della sicurezza sul lavoro». È vero, presidente Draghi, bisogna fare molto, ma molto di più per la sicurezza sul lavoro, per cercare di porre un freno alle tante, troppe morti sul lavoro. Va bene l’assunzione di circa duemila ispettori del lavoro, come auspicato dal ministro Andrea Orlando, ma è giusto ricordare che controllano solo il lavoro irregolare e la sicurezza sul lavoro nei cantieri. La stragrande maggioranza dei controlli per la sicurezza sul lavoro, vengono fatti dai tecnici della prevenzione delle Asl, che dipendono dalle Regioni. E i tecnici della prevenzione sono circa duemila in tutta Italia, con circa 6 milioni di aziende da controllare. Se le controllassero tutte, ogni azienda riceverebbe un controllo ogni 15-20 anni, quindi praticamente quasi mai. Abbiamo una bellissima legge per la sicurezza sul lavoro in Italia, ma per far sì che sia rispettata, ci vogliono molti più controlli e un personale ispettivo numericamente adeguato. Se dopo tanti anni siamo ancora a contare quotidianamente i morti e gli infortunati, è perché in questo Paese non c’è rispetto per il lavoro, per i lavoratori e per le lavoratrici. Cioè per le persone, i cittadini che sono parte essenziale del progresso del-l’Italia e non numeri o forza lavoro da consumare.

 


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